Luoghi per Narciso

Luoghi per Narciso

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TESTO CRITICO DI LUDOVICO PRATESI

Luoghi per Narciso” – Sculture e fotografie di Francesca Cesaroni a cura di Ludovico Pratesi.
Opening 13 Gennaio 2008 (Via Giuseppe Montanelli, 11 – Roma).

Il protagonista della prima mostra personale di Francesca Cesaroni è Narciso, il giovane che si specchia in uno stagno e si innamora della propria bellezza. A lui l’artista ha dedicato un percorso espositivo che si divide in due momenti diversi, nella dimensione privata e domestica di un’abitazione.

Il primo spazio di Narciso è un itinerario per immagini, che riunisce una serie di fotografie scattate dall’artista. Ognuna rappresenta un ideale luogo della visione del mondo, colto attraverso l’occhio della divinità: il ritratto, il lavoro, il viaggio, gli animali.
Un occhio attento a cogliere l’aspetto fuggevole e ingannatore di una bellezza che è fonte di sofferenza, dorato ostacolo al raggiungimento di una piena consapevolezza di sé.

Le immagini sono volutamente ambigue, esprimono l’inquietudine del nostro tempo. Lo sguardo di Narciso cerca la realtà, ma trova soltanto il proprio volto, apparentemente luminoso ma in realtà vuoto e fuggevole. Così le opere della Cesaroni parlano della sua bellezza, ma ne sottolineano le problematiche in maniera sottile e penetrante.

Il secondo luogo è lo spazio della creazione, sospeso tra terra e cielo. Qui si incontrano gli opposti, per trovare un’armonia solida e discreta tra loro.
Il lucido e l’opaco, il morbido e il grezzo, il caldo e il freddo, il cerchio e il quadrato. Qui è il corpo di Narciso a mettersi in gioco per scomporsi e frazionarsi. Ferito dalla propria immagine, si squarcia il petto e urla il dolore della sua perdita.

Le sculture di Francesca Cesaroni vivono una dimensione tellurica e instabile, raccontano un’ essenza dilaniata e drammatica. I corpi maschili sono frammentati, sospesi sul doloroso crinale della perdita di una virilità che non può più essere esposta nei esibita
Così il corpo di Narciso si sfalda, cerca di coprirsi, di ritrovare la propria centralità. Vive una tensione dilaniante, attraversa la storia dell’arte per riappropriarsi di una classicità svanita per sempre.

INTERVISTA DI LUDOVICO PRATESI A FRANCESCA CESARONI

Ludovico Pratesi – Il luogo per eccellenza di Narciso è l’essere umano, che pratica il culto di se stesso attraverso il celebre mito greco. Quali sono le ragioni che ti hanno spinto a dedicare la tua prima mostra personale al narcisismo?

Francesca Cesaroni – La dimensione umana di Narciso, con la dialettica viva dei suoi contrasti, è stata da sempre per me un luogo di riflessione e di scoperta. I suoi eccessi esteriori, il verticalismo, la vanità, la fascinazione delle apparenze, l’onnipotenza infantile ma anche il dramma dell’ isolamento affettivo, l’impossibilità di creare legami autentici con gli altri.

LP- la mostra è divisa in due luoghi diversi, ognuno destinato ad un filone della tua ricerca: la scultura e la fotografia. Una separazione soltanto fisica o anche concettuale?

FC – La separazione in questo caso è necessaria come premessa ad una possibile integrazione concettuale delle due esperienze, che sono in sé profondamente differenti, direi opposte. LP – Quali sono le relazioni che sussistono tra le sculture e le immagini fotografiche? FC- La speranza è di farle dialogare, un tentativo di integrazione appunto fra due modi di fare esperienza e la materia. Per me fotografare comporta un contatto, un’irruzione nel mondo e un tentativo di furto immaginale. Prendo le immagini per dar luogo ai pensieri. Scolpire è solitudine e desiderio di fare mondo attraverso la costruzione sensibile di immagini personali. Un’opposizione in speranza dialettica.

LP – Nella scultura raffiguri parti di corpi umani di sesso maschile feriti e martoriato, mentre le fotografie sono cariche di contenuti simbolici, meno evidenti e più metaforici come mai?

FC- La scultura è il mio modo di cercare immagini che non sono ancora visibili e le immagini escono allo scoperto con la loro espressività cruda. Le fotografie sono frazioni di mondo e per me traghettano un pensiero, per questo sono metaforiche, una parte per il tutto.

LP – Quanto incide la tua formazione psicoanalitica nella ricerca artistica?

FC – Credo sia evidente nelle mie parole, nelle risposte che sono elaborazioni successive. Il mio lavoro invece si svolge in modo molto diverso, la mia sensibilità è sintetica, immediata, non ammette interpretazioni, luoghi o tempi di traduzione.delle idee .Sono anche molto veloce nel prendere le immagini e nel modellare l’argilla, che lascio cruda per non privare la materia stessa del suo potere vitale, senza ulteriori lavorazioni.

LP- All interno della mostra quanto incidono i rapporti tra le opere e i luoghi che le ospitano?

FC Molto credo. Il contenitore, gli spazi hanno una forte impronta personale in questo caso, e il contenuto non può prescindere. Ho una percezione di coerenza di alcune costanti tra geometrie, materiali e paesaggi dalla mia prospettiva.